Settembre



Nelle affollate aule universitarie e nei vivaci locali del centro storico, migliaia di giovani incrociano ogni anno le proprie storie, passioni, delusioni e speranze. Sullo sfondo di una cittadella universitaria sospesa tra le dolci colline del Montefeltro, ogni giorno nascono e muoiono indimenticabili pagine d'amore e d'amicizia che il tempo non riuscirà mai a cancellare.


Sono tante le chiavi di lettura cui si presta il romanzo, dove alla narrazione di vicende tipiche dell’esperienza giovanile, affrontate ora con ironia, ora con malinconico realismo, si affiancano trame dai netti risvolti etici, intimistici, filosofici e sociali. In un piccolo mondo dove pare davvero sottile la linea tracciata a distinguere normalità e diversità, ragione e follia, l’autore ci guida tra le antiche stradine di un microcosmo che occhieggia da secoli, imperturbabile, in cima a una collina verde e silenziosa. Uno spazio dove tutto sembra muoversi e cambiare molto velocemente, eccetto lei, la fontana bianca e solitaria, quasi a ricordare a quella folla giovane, allegra, colorata e a volte un po’ distratta, l’incedere furioso e inesorabile della vita. E il tempo, tra indimenticabili storie d’amore e di amicizia, scivola lentamente via, come polvere, in fondo incapace, però, di travolgere quelle piccole cose che restano. Piccole cose che non sfuggono ai giovani protagonisti, catapultati da un 'mondo di fuori' spesso cinico ed egoista in una sorta di universo parallelo, dove è più facile fermarsi ed osservare, ascoltare, distinguere. E proprio qui, in questo microcosmo unico, prendono vita storie e passioni, continuamente sospese tra amore e tragedia, buio e luce, scivolando verso un finale che attende lì, inesorabile, all’ombra di una fontana bianca e solitaria che svetta silenziosa in una fresca mattina di settembre.


“Avevo quasi pianto dalla gioia, nel mio volteggiare, nella luce soffusa di quel mattino di dicembre, circondato dai pallidi dischi chiari dei loro volti, illuminati dal candore della neve, a sfondare il buio cupo della notte. Un unico cerchio perfetto. Avevo pensato a questo, forse, in quel momento. Ma il cerchio, inevitabilmente, aveva finito con lo spezzarsi, scagliandoci lontani. Ciascuno nella sua personale direzione. Quasi violentemente. Seguendo traiettorie colorate e inesorabili. Ripresomi dalla caduta, avevo subito alzato lo sguardo per guardare i miei amici. I loro visi stanchi e la voglia instancabile di giocare ancora”.